lunedì 23 luglio 2007

L'obbedienza non è più una virtù, ma qualcuno non lo sa! Riporto dal sito di Peace Reporter


Italia - 23.7.2007
La fede e le armi
Due sacerdoti scrivono al direttore di Avvenire a proposito di cappellani militari
Pubblichiamo ben volentieri la lettera aperta che Don Renato e don Salvatore hanno scritto al direttore dell'Avvenire. Riapre la discussione su un tema troppo spesso lasciato in secondo piano: quello della coesistenza tra una fede religiosa che "comanda" di non uccidere e il fare la guerra.
Di più: perché qui si discute di coloro i quali, sacerdoti della fede che comanda di non uccidere, vestono addirittura la divisa. Non sappiamo se questo dibattito crescerà come dovrebbe. Ma ci proponiamo, nel caso l'Avvenire non accogliesse l'invito dei due sacerdoti che han scritto, di ospitarlo volentieri. (M.N.)

Gentile Direttore,

abbiamo letto l’editoriale di Marco Tarquinio
su Avvenire del 19 luglio u.s. “Irrinunciabile presenza tra gli uomini in
divisa”. Non nascondiamo il nostro stupore e disappunto perché, a partire dal
titolo, sembra che non vi possa esserci alternativa all’attuale forma della
presenza dei cappellani tra i militari, considerata dall’autore
‘irrinunciabile’. Al pari di valori e verità non negoziabili? Siamo parroci,
impegnati tra la gente da molti anni, in luoghi diversi dell’Italia al Nord e al
Sud. Avvertiamo una crescente sensibilità e attesa dei credenti per una Chiesa
capace di scelte più audaci e credibili. Da diversi anni, nella stessa Chiesa
italiana vanno emergendo riflessioni teologiche e proposte pastorali che mirano
a rivedere lo status dei cappellani militari. Già parlare di preti con le
stellette o di chiesa militare induce a considerare gli stessi cappellani
organicamente inseriti nel sistema gerarchico delle forze armate, con relativi
gradi, carriera e stipendi. Non è da mettere in questione, secondo noi, la
necessità della presenza religiosa e l’assistenza spirituale nelle caserme, ma
l’opportunità di smilitarizzarne le forme e le norme che oggi la regolano, come
ad. es. già accade per la Polizia di Stato. Sarebbe un segnale positivo non solo
nella direzione di una matura laicità dello Stato, ma anche della necessaria
libertà della Chiesa.

Abbiamo riletto proprio in questi giorni,
nel 40° anniversario della sua morte, la Lettera ai cappellani militari di don
Lorenzo Milani e vorremmo che il suo ricordo non si riducesse ad un rito di
sterile riabilitazione celebrativa. Riteniamo doveroso ripensare con serena e
rinnovata consapevolezza alle radici evangeliche della chiesa per proseguirne il
cammino alla luce del Concilio Vaticano II e dell’esperienza di tanti testimoni
e martiri di ieri e di oggi. I cristiani “sono nel mondo ma non sono del mondo”.
Sono “nel” sistema, come amava dire P. Turoldo, ma non sono“del” sistema.
“Abitano una loro patria, ma come forestieri; ogni terra straniera è patria per
loro e ogni patria è terra straniera” (Lettera a Diogneto). Aver ceduto nel
passato alla tentazione di coniugare la croce con la spada o aver stretto
alleanze fra trono e altare, sia pure per nobili fini di evangelizzazione e di
civilizzazione, ha portato la Chiesa a conseguenze spesso nefaste e disastrose.
“Non si addicono alla Chiesa i segni del potere - ci ricordava don Tonino Bello
– perchè le basta soltanto il potere dei segni.” Nel rispetto delle proprie e
delle altrui competenze e responsabilità, la Chiesa è chiamata certamente a
portare e a testimoniare il Vangelo anche tra i soldati, ma facendosi eco di
quella Parola profetica e non negoziabile: “rimetti la tua spada nel fodero,
perché chi di spada ferisce di spada perisce”. Parola che può suscitare
derisione, rifiuto e può portare al martirio, ma diventa seme di speranza per
quanti cercano giustizia senza violenza e pace senza tornaconto. E’ tempo allora
non più di cappellani militari, ma di cappellani tra i militari. Cappellani con
il coraggio di ripetere, all’occorrenza, come mons. Romero: “Soldati, vi prego,
vi supplico, vi scongiuro, vi ordino, non uccidete più..”. Cappellani che,
sostenuti dai Pastori e organicamente inseriti nella vita delle comunità,
promuovano anche lo studio e l’attuazione di nuovi sistemi di difesa
nonviolenta, in alternativa ai modelli ‘armati’ delle missioni di pace.
Cappellani liberi da mimetiche e stellette, da stipendi e privilegi, a servizio
di un Dio che difende sempre la vita, e non di un potere, sia pure legittimo,
che può dare anche la morte.
Non sarebbe questa una scelta da compiere, in
modo unilaterale e preventivo, per dovere di coscienza cristiana e di fedeltà al
Vangelo, senza attendere una legge dello Stato, vissuta o subita come una
forzata privazione di un irrinunciabile diritto?

21 luglio 2007

Don Salvatore Leopizzi, parroco a Gallipoli, (Lecce) Don Renato
Sacco, parroco a Cesara, (Verbania)

giovedì 19 luglio 2007

Rignano Flaminio: la tristezza di essere stati profeti

Che si sarebbe, pure qui, giocato sporco lo si poteva immaginare. Certo non c’è proprio mai limite…..
“Rignano, bufera sul Tg5 per video-perizia sui bimbi”Protestano le famiglie: «Mimun si dimetta»
ROMA (18 luglio) - Polemica per un video, trasmesso dal Tg5, con la
registrazione di una parte del filmato che servirà per la perizia psicologica
sui bambini vittime di presunti abusi sessuali a Rignano Flaminio. La voce fuori
campo che accompagna la registrazione - fatta in questi giorni al dipartimento
di Scienze neurologiche di via dei Sabelli a Roma e trasmessa dal telegiornale
diretto da Clemente Mimun con esclusione dell'audio del dialogo tra la psicologa
e la bambina - spiega che vi sono tre telecamere nascoste agli occhi dei
bambini. Ma la voce del giornalista che racconta le immagini spiega che quando
la psichiatra inizia a chiedere della scuola, la bambina «cerca di cambiare
argomento». Nella registrazione si vede chiaramente una bambina, che per le
inquadrature mostrate appare riconoscibile, e la psichiatra che la fa giocare
all'interno di una piccola stanza entro cui ci sono un tavolo, due sedie e molti
giocattoli anche sparsi per terra. Le riprese mostrano prima la bambina che
insieme alla dottoressa costruisce una casetta di cartone sul tavolo, poi gioca
per terra per poi rimettersi al tavolo per disegnare. La psichiatra gioca con
lei e le parla. Dopo la trasmissione del video, Antonio Cardamone, legale di
parte civile delle famiglie dei bimbi presunte vittime di abusi a Rignano
Flaminio, ha rivolto un invito «a valutare l'opportunità di dimettersi» al
direttore del Tg5. «Egregio direttore - comincia la lettera firmata dagli
avvocati Cardamone e Franco Merlino - nel pieno rispetto del mandato difensivo
conferitoci da alcuni genitori coinvolti nella ormai nota vicenda dell' asilo di
Rignano Flaminio la informiamo di aver già provveduto a dare notizia
all'autorità giudiziaria del servizio mandato in onda nell' edizione serale del
suo telegiornale». «I quattro bambini, evidentemente riconoscibili, visti da
tutti gli italiani (o meglio da chi guarda il notiziario da lei diretto) -
proseguono gli avvocati - sono tutti difesi da noi. Le responsabilità gravissime
che scaturiscono dalla messa in onda del servizio sono assolutamente ed
esclusivamente a lei riconducibili. Non ci soffermiamo sulle molteplici
violazioni delle leggi penali e civili, oltre che della Carta di Treviso, che
sono state compiute e non ci possiamo esimere dal diffidarla ad una futura
ripetizione. Non possiamo nemmeno nasconderle le evidenti ripercussioni che
tutto ciò potrà comportare nella ricerca della verità. Per tutto quanto sopra
esposto, e per la gravità delle violazioni commesse, la invitiamo a valutare
l'opportunità di dimettersi dalla carica che attualmente ricopre». «Il Tg5 ha
trasmesso un servizio in cui si spiegavano le modalità dell' incidente
probatorio; non si faceva riferimento ad alcun dettaglio dei contenuti dei
colloqui tra i bambini e gli psicologi; si vedeva l'ambiente dei colloqui, con
un tavolo simile ad un banco di scuola, un blocco da disegno e dei giocattoli
sul pavimento e non si mostrava alcuna immagine in cui i piccoli potessero
essere riconosciuti. Questo è quanto», ha replicato Mimun.

...essere stata profeta a volte non è per niente una soddisfazione anzi! Leggetevi il post: Perizie o reality show?


martedì 17 luglio 2007

Non sarò nel comitato cittadino per il PD...ecchissenefrega!!!


Mio nonno, che non ho conosciuto, durante il fascismo era anarchico e temo di aver ereditato geneticamente una certa attitudine a collocarmi sempre altrove rispetto alle maggioranze...

Ho riflettuto a lungo sulla proposta che mi è stata fatta di entrare nel comitato cittadino per il Partito Democratico, ho consultato persone a me vicine ma preparate sul piano politico e tutte mi sollecitano ad accettare (sia pure non senza molti "se" e molti "ma"), ho scaricato e letto il manifesto del PD, il decalogo, e vari documenti reperibili in rete.

Ma, soprattutto, ho ripercorso le strade dei miei precedenti impegni in gruppi e associazioni (sempre rigorosamente senza tessera) dall'adolescenza in poi: autonomi, Movimento Studenti di Azione Cattolica, FUCI, volontariato (Rifugio Sole e Comunità Incontro), club della sinistra (Tempi Moderni); a parte il dato anagrafico, intuisco rispetto ad allora una grande differenza ed è la passione. Allora l'adesione fu spontanea perchè ci credevo!
Ebbene oggi non ho la stessa spinta nei confronti del PD, che comunque ritengo il più importante esperimento politico attuale, non credo insomma di riuscire ad essere un soggetto valido per il comitato in quanto portatrice di nessun entusiasmo.

Ammetto che il tutto è influenzato dalla delusione delle aspettative, sia da parte della politica in genere che della sinistra in particolare: DICO, ma non solo!

Temo di non essere abbastanza veltroniana per crederci e per aderire...


"Anche se voi vi credete assolti
Siete lo stesso coinvolti."

(Canzone del Maggio-da Storia di un impiegato- di Fabrizio de Andrè, 1973)


Però mi è stato fatto presente che non è più il tempo degli entusiasmi ma della responsabilità, questo mi ha fatto venire in mente la "Canzone del Maggio" di Fabrizio de Andrè, con cui si stigmatizzava quanti si erano tirati indietro, quanti poi avevano votato l'ordine e la disciplina...ecc...

Perchè si deve cogliere fino all'ultima chance per contribuire ad invertire le tendenze sfasciste di questo paese, per me le ultime chance sono già passate, il fallimento di ogni nuovo progetto o processo innovatore della politica, non mi permette di concedere ancora le mie risorse, il mio, sia pure minimo, contributo.
Mi sorprende, ma solo in parte, che quanti hanno una storia più lunga per motivi anagrafici ancora trovino energia per battersi, insomma li guardo con ammirazione, sanno resistere sulla lunga distanza, mentre considero già esaurito il mio impegno!

Una poesia di Pier Paolo Pasolini, perchè non so parlare di politica senza legarla alla vita:
"La diversità che mi fece stupendo
e colorò di tinte disperate
una vita non mia, ancora mi fa
sordo ai comuni istinti, fuori dalla
funzione che rende gli uomini servi
e liberi. Morta anche la dolente
speranza di rientrarvi, sono solo,
per essa, coscienza.
E poichè il mondo non è più necessario
a me, io non sono più necessario."
[IV-Poesie inedite-(1950-1951) in Pier Paolo Pasolini/Le poesie, Garzanti, 1975]
Quando la lessi la prima volta, più o meno trenta anni fa, mi riconoscevo in pieno solo nei primi tre versi, con il passare del tempo ogni verso successivo è diventato mio!

I narcisi non sono dei fiori (almeno non sempre)

venerdì 13 luglio 2007

Della moratoria, della pena di morte, della morte, della Cina, della Libia e ma soprattutto dell'ipocrisia



Lo so, sono una ingenua, una che non farà mai carriera, che non sarà mai candidata...nè al nobel, nè ad altro.
Però vorrei che qualcuno mi spiegasse come mai non è venuto in mente a nessuno di protestare... La notizia è uscita qualche giorno fa: la Cina preoccupata per la produzione di falsi, ha quindi condannato a morte Zheng Xiaoyu responsabile di non so quale dipartimento! Possibile che solo a me questa notizia appare di una gravità inaudita? Non si è levata una sola voce di protesta! Nessun radicale è andato a fare sit-in davanti all'ambasciata della Repubblica Popolare di Cina; nessuno ha espresso solidarietà alla famiglia di quel poveretto; nessuno ha levato una sola voce contro un provvedimento tanto assurdo e fuori da ogni ordinamento civile; nessuno ha iniziato sciperi della fame...
Allora mi viene un sospetto che a tutti stia bene così, che tutti ritengano corretto che si condanni a morte un funzionario corrotto...ovviamente purchè sia cinese (altrimenti qui dovremmo allargare i cimiteri e indire un mega concorso per assumere boia)!

Ma poi mi viene un secondo sospetto che forse tutti i bravi attivisti, che tanto si attivano per la moratoria per la pena di morte in realtà non osino andare a toccare certi paesi, infatti non mi sembra ci sia molta mobilitazione neanche per salvare le infermiere bulgare alle quali proprio in questi giorni è stata confermata la condanna a morte.
Cina e Libia non si toccano?
Se è così mi sembra che possiamo dichiararci una bella schiatta di ipocriti!!!!

mercoledì 11 luglio 2007

L'angelo dell'AIDS è Tailandese. Una gran bella storia



Thailand's Aids angel


Thanks to Krisana Kraisintu, Thailand became the first country to
create generic HIV drugs. Now she's teaching the world how to make them, but she
still hasn't got credit at home
Published on July 12,
2007
In late 2002 Krisana Kraisintu quit her job at the
Government Pharmaceutical Organisation and headed for the war-torn Democratic
Republic of Congo. She knew how to make GPO-Vir - one of the cheapest drug
treatments for HIV/Aids - and vowed that she wouldn't rest until every African
nation could do the same.
Now 55, she's still there in the sub-Sahara,
roaming from place to place in a bid to honour that promise.
With the
backing of German medical-aid organisation Action Medeo, Krisana has achieved
her goal in Congo and Tanzania. Both hit hard by HIV/Aids, they are now making
their own generic drugs to treat the virus, as well as malaria.
Krisana is
currently in Zambia training technicians to do the same. She wants it to be the
third country on her success list, followed by Ethiopia.
"When I look into
the eyes of African children, I see their hope," she tells The Nation during a
brief visit home. "I just can't detach myself from the region."
Born on Koh
Samui to a family of doctors, Krisana earned a bachelors degree in pharmacy at
Chiang Mai University and completed her doctorate in pharmaceutical chemistry at
Bath University in England.
She spent 22 years with the government agency,
establishing a Research and Development Institute, of which she became the first
director.
Krisana and her team made great strides. In 1995 they completed
the first generic version of AZT, the anti-retroviral drug. Sold to the Health
Ministry to prevent mother-to-child transmission, it made Thailand the first
developing nation to give the world a generic Aids drug.
Then in April 2002
came GPO-Vir, a single-pill combination of three Aids drugs - lamivudine,
stavudine and nevirapine.
Unfortunately, Krisana says, there was little
executive support for her work at the organisation. "They didn't believe we
could produce our own generic Aids drugs with our limited budget."
She found
the way, and did everything on her own - from research and buying the raw
materials to manufacturing and packaging.
"The good thing about being left
to work alone was that I got to know every step in the process, from laboratory
to market, and these are the knowledge and skills I'm transferring to the
Africans," she says.
Before she created GPO-Vir, tens of thousands of people
died simply because they couldn't afford patented Aids treatments. As many lives
have since been saved by GPO-Vir, not only in Thailand, but also Cambodia, Laos
and Vietnam.
Thai health authorities had previously been unable to provide
treatment to people with HIV because of the high drug prices, confirms Dr
Sanguan Nittayarampong, secretary general of the National Health Office.
Though he doesn't know Krisana personally, Sanguan credits her for the
success of the government's universal health scheme in providing Aids treatment.
"She saves a lot people. The death rate among Aids patients has dramatically
decreased."
Kannikar Kijtiwatchakul, who works in the Bangkok office of
Medicins Sans Frontiers (Doctors Without Borders), is equally appreciative.
"What she has done benefits not only Thais but the whole world, and the
developing countries in particular. Unlike the big drug firms, she never wanted
to monopolise the rights over the drugs she developed. The only thing she wants
is to give poor countries access to the drugs."
Thailand's success in
developing GPO-Vir showed other developing countries that they could produce
their own versions of Aids drugs, Kannikar adds.
Making the drugs, Krisana
discovered for herself and now repeats everywhere she goes, is not as expensive
as the major drug firms claim. She doesn't speak the same language as the drug
corporations - they talk in terms of profits, while Krisana addresses humanity.
She fully supports the decision of the Public Health Ministry to impose
compulsory licences on three expensive, patented drugs, two of which are used to
treat Aids.
"Life-saving drugs should be affordable for all," she says,
adding that she's mystified why the ministry is still negotiating with drug
firms to lower their prices now that licences have been imposed.
Having
witnessed the decline in Aids-related deaths in Thailand, Krisana decided it was
time to help elsewhere.
"In Africa, no one believed they could produce their
own drugs," she says.
Aids activists have dubbed her "the gypsy warrior" - a
name picked up by interna-tional news media.
In 2002, Krisana says, only 15
per cent of Africans living with HIV/Aids had access to the drugs. By 2005, 65
per cent could afford treatment, thanks to their own, locally made versions of
the drugs.
Her work is not easy, and it took her months to adjust to the
climate and other conditions. During her first few months in Congo she was
unable to use the tap water due to an allergic reaction. She had to cleanse her
face with soda water and wash her feet with Fanta pop.
Wherever language was
a problem, Krisana, who speaks English, relied on her art skills, drawing
pictures of what she wanted. "Sometimes I drew a fish and they still served me
chicken," she laughs.
The difficulties weren't always funny. One night in
2002, driving into Lagos from its airport, 90 minutes outside the Nigerian
capital, she was stopped by a group of gun-toting men in uniform. She was
ordered out of the car and interrogated.
The same thing happened four more
times that night, a different armed squad each time. Fortunately the men asked
only questions, not for any money, which she could ill afford to lose.
For
her troubles and her victories, Krisana received the Letten Foundation's 2004
Global Scientific Award, and the following year she got a Reminders Day award
from an Aids organisation.
Stories about her have appeared in the New York
Times, Germany's Der Spiegel and France's Le Figaro. This past spring her battle
against the corporate giants was the subject of a play called "Cocktail" that
was performed at Louisiana State University.
The play looked at her struggle
to sway the Thai government as well but, having overcome official doubt and
shown the way forward, Krisana has still not received any accolades in her
homeland.
"I heard that she was nominated for a pharmaceutical-related
award, but I don't know why the government hasn't recognised her," says activist
Kannikar.
Krisana, it goes without saying, isn't interested in awards. She
set her own goal - access for all - and she's still trying to achieve it in
Africa.
Pennapa Hongthong
The Nation

venerdì 6 luglio 2007

...BENE! EPPUR SI MUOVE. ANNO ZERO NON TANTO RUMORE PER NULLA...




Da Il Messaggero
Venerdì 06 Luglio 2007
di FRANCA GIANSOLDATI CITTA’ DEL VATICANO - Il Vaticano ha chiesto al cardinale Ennio Antonelli di riaprire le indagini su don Lelio Cantini, il sacerdote fiorentino accusato di avere commesso abusi pluriaggravati su minori. La Congregazione della Dottrina della Fede ha inviato all'arcivescovo di Firenze una comunicazione riservata sollecitando ulteriori indagini. Obiettivo: far luce, una volta per tutte, su uno dei casi più scabrosi mai emersi in Italia. Da un primo processo canonico di carattere amministrativo istruito dalla diocesi fiorentina, don Lelio è stato giudicato responsabile di violenze su alcune ragazze negli anni 1973-1987, di falso misticismo, di controllo delle coscienze. La punizione comminata, a norma del canone 1336, ha tenuto conto, come ha spiegato il cardinale Antonelli, dell'età avanzata dell’ex parroco e del suo malfermo stato di salute. Non può più confessare, celebrare messa in pubblico, assumere incarichi ecclesiastici. Ogni giorno e per un anno intero, inoltre, è obbligato a recitare il Salmo 51: «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia», oltre che versare periodicamente somme di denaro ad associazioni caritative. Per le vittime i provvedimenti finora presi sono «insufficienti» tanto che reclamano un ulteriore processo, stavolta di carattere penale-giudiziario che possa arrivare alla scomunica e alla riduzione allo stato laicale del religioso. Ad indurre l'ex Sant'Uffizio ad intervenire per chiedere inchieste supplementari sono i nuovi elementi emersi a seguito della puntata di “Annozero”, andata in onda lo scorso mese e dedicata al tema dei preti pedofili. A smuovere le acque anche l’indagine in corso promossa dalla magistratura ordinaria e la lettera delle vittime ai vertici della Congregazione della Fede. Al cardinale Antonelli ora spetterà il compito di istruire un nuovo processo. Incontrando un gruppo di parroci ha annunciato di voler affidare a un sacerdote l’incarico di una istruttoria suppletiva.

giovedì 5 luglio 2007

Prete pedofilo, ancora la stessa storia


Dieci anni fa era già stato in prigione per lo stesso reato

Roma: prete condannato per pedofilia


A.D. 58 anni sacerdote e insegnante alla scuola Media Salvo D'acquisto dovrà scontare 4 anni e due mesi di carcere

ROMA - Sacerdote, insegnate e anche pedofilo,
secondo la magistratura. E’ stato condannato, in rito abbreviato, dal gup
Claudio Mattioli, a 4 anni e due mesi, un sacerdote accusato di aver abusato di
due ragazzini. Il prete, A.D., di 58 anni, di origine siciliana, officiava nella
diocesi dedicata alla Madonna di Czestokova, alla Rustica, e insegnava religione
alla scuola media di Roma «Salvo D'Acquisto». L’uomo, che per i fatti oggetto
del procedimento era anche finito in manette, è da tempo agli arresti
domiciliari in un convento di Benedettini Silvestrini a Bassano Romano. Il capo
d’imputazione per A.D. è: atti sessuali con minori, aggravati dal fatto che le
vittime erano a lui affidate «per ragioni di educazione e di vigilanza». Il
giudice ha imposto anche una provvisionale di 15mila euro di rimborso alle
vittime.
GIA' CONDANNATOPER LO STESSO REATO - In passato era già stato
condannato dieci anni fa per una storia molto simile ma, scontata la pena, era
tornato alla sua attività a scuola e all’oratorio. Arrestato nell’estate scorsa,
il religioso, inizialmente, aveva negato tutto, ma in seguito aveva confessato,
almeno in parte, cercando però di sminuire la gravità delle violenze. La prima
denuncia a carico di A.D. venne presentata dai genitori di un dodicenne con
gravi problemi psichici, un ragazzo "affetto da un disturbo del comportamento
nell*ambito dell*organizzazione cognitiva borderline". Il giovane, che
frequentava l*oratorio della Rustica, raccontò di essere stato palpeggiato e
molestato dal sacerdote e, qualche giorno dopo, alcuni amichetti della stessa
età gli raccontarono di aver subìto lo stesso tipo di violenze. In seguito si
accertò un secondo caso, avvenuto, stavolta, durante un campo scuola nell*isola
di Ventotene. A.D. aveva sorpreso un gruppo di ragazzi che scherzavano e si
misuravano gli organi genitali. Il religioso avrebbe approfittato della
circostanza per rivolgere pesanti avances a un altro adolescente, anche lui di
12 anni.
05 luglio 2007

Domanda: fino a quando si ripeterà la storia? Condannato, scontata la pena reintegrato in servizi a contatto con i bambini?
Ma come è possibile che non accada mai che queste persone vengano fermate, denunciate, dai loro superiori o dai loro confratelli? Non so in questo caso, ma spesso prima di rivolgersi alla polizia, le famiglie informano altri sacerdoti o addirittura i vescovi: ma si è mai sentito che qualcuno di questi abbia fatto denuncia o abbia esortato queste persone a farlo? Fino a quando le gerarchie ecclesiali non saranno capaci di liberarsi da questa omertà solidale non potranno recuperare credibilità!

mercoledì 4 luglio 2007

Della Maturità di Pasolini e dei giovani d'oggi

poco fa leggevo barbabog della Bignardi. ha scritto un post sui suoi esami di maturità e un pò sul come eravamo... mi è venuto in mente che non tutto quello che ho vissuto in quegli anni era da schifare oggi. un ricordo riemerso qualche anno fa a casa di una amica: un gita al lago di Piediluco, in tre, abbiamo preso un moscone e dopo aver remato fino al centro del lago, io ho tirato fuori la mia copia del volume: "Tutte le poesie" di Pier Paolo Pasolini, edito da Garzanti. Così abbiamo trascorso una mattinata a leggere e a commentare i suoi versi, nella quiete dell'acqua stagnante del lago e nella tempesta delle vite che avremmo voluto vivere... di noi tre Cecilia è un medico ricercatore nel campo delle cellule staminali, Candida è una dirigente del comune dove ora abita, io sono io, ancora inquieta e in cerca di una stabilità. però guardo ai miei nipoti alle loro aspettative dopo la maturità. se gli chiedessi se conoscono Pasolini mi risponderebbero: "si, du' palle l'emo studiato in quinto?!"

che disastro!