venerdì 12 agosto 2016

THAILANDIA: UN'AMARA FESTA DELLA MAMMA

In primo luogo il bisogno di non lasciarsi prendere dall’emotività e dalla paura. Respirare a fondo, recuperare lucidità e analizzare i fatti, i dati e il contesto.
Una serie di attentati nella notte del 12 agosto 2016 ha colpito il centro sud della Thailandia e in particolare alcuni centri turistici, ma non le attrazioni principali limitandosi quindi ad obiettivi minori. Le vittime sono quindi in numero limitato rispetto a un tale fronte di fuoco: al momento si parla di tre morti e alcune decine di feriti.


Le prime esplosioni sono avvenute a Trang e a Hua Hin, la prima è una delle province del sud ma non di quelle dove è radicato il movimento separatista. Hua Hin è una località turistica a circa 200 chilometri dalla capitale, da sempre destinazione per la villeggiatura dei ricchi oligarchi di Bangkok. Hua Hin è nota anche per essere la città che ospita il palazzo estivo della corona, dove negli ultimi anni risiede in modo permanente l’anziano e malato re quando non è in ospedale.
Le altre esplosioni hanno avuto luogo a distanza di poche ore in località del sud turistiche e non.


Una prima chiave per comprendere cosa stia accadendo è la tempistica. Il dato più evidente è la data assolutamente non casuale. Il 12 agosto è il compleanno della regina, festa nazionale dedicata a tutte le mamme del paese. La regina oltre che madre del paese è madre dell’erede al trono, da lei sempre protetto e sostenuto. La successione è uno degli snodi di maggiore criticità che la Thailandia si troverà ad affrontare in un prossimo futuro. La data del 12 agosto scelta per questa serie di attentati può essere dunque letta come un avvertimento nei confronti dell’istituzione monarchica oppure può essere stata scelta affinché venisse interpretata in questo senso.

Ma la tempistica offre anche un’altra chiave di lettura. Neanche una settimana fa si è svolto il referendum che ha approvato la nuova costituzione dando ampi poteri all’esercito. Ma l’esito delle urne non è stato il plebiscito che il capo del governo, il  generale Prayut, aveva auspicato. Solo il 55% degli aventi diritto si è recato alle urne e circa il 40% dei voti espressi è stato per il no. Il risultato è ancor più notevole alla luce del fatto che la giunta ha vietato qualsiasi propaganda per la non approvazione, arrestando chiunque abbia espresso parere contrario o critiche alla nuova carta costituzionale. La giunta si trova quindi a dover gestire il percorso verso le elezioni previste nel 2017 con un consenso davvero minoritario. L’instabilità e il clima di insicurezza generati dalla serie di attentati favorisce dunque delle prese di posizione forti da parte di chi detiene il potere, giustifica la limitazione delle libertà individuali e l’esercizio di un controllo capillare del territorio e delle persone. Proprio in questi giorni la giunta sta valutando di fornire agli stranieri presenti una SIM tracciabile per i cellulari, svelando questa necessità di tenere sotto controllo quelli che considera elementi di disturbo per la stabilità del paese.

A trarre quindi vantaggio da questa ondata di attentati non può che essere la giunta militare che in questo modo alimenta da se stessa la necessità di detenere poteri speciali e arbitrari. Possiamo quindi ancora una volta prendere in prestito dall’esperienza italiana la definizione di “strategia della tensione” per indicare quanto sta avvenendo nel regno di Thailandia. La giunta che ha preso il potere con il colpo di Stato del 2014 si è data come nome quello di “National Council for Peace and Order” (Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine).

La pacificazione del paese è però rimandata a data da destinarsi.