domenica 19 dicembre 2010

Lesbo-spot e omosessualità femminile

Qualcuno si è detto soddisfatto del coraggio della Renault per quello che ormai tutti chiamano il lesbo-spot.... Personalmente non posso fare a meno ancora una volta di notare come l'omosessualità femminile venga usata in termini di ambiguità e morbosità. 
Nello spot la tipa con la maglia nera arriva a quella che sembra essere una festa, lancia occhiate ad una tipa con una maglia rosa che cazzeggia su un divano con un tizio... La seconda tipa raccoglie immediatamente l'invito, entra in camera si spoglia, luce soffusa, si sdraia sul letto e l'altra le sale sopra per bendarla e poi le ruba la maglia rosa e se ne va...mentre la voce fuori campo commenta: "la competizione è femmina"!
Ora a me non sembra che questo dimostri da parte della Renault una particolare volontà di sdoganare l'omosessualità femminile, ma piuttosto ancora una volta la solita operazione di marketing che  tende a stuzzicare un certo voyeurismo, per poi spiazzarlo con un finale inatteso... Roba già vista  tra l'altro negli spot Campari di qualche anno fa.
Il vero coraggio sarebbe stato  nel mostrare una normale coppia omoaffettiva che utilizza la Twingo per accompagnare a scuola la propria figlia o figlio prima di andare al lavoro o magari per andare al lavoro o a fare la spesa. Ma questo evidentemente risulterebbe davvero troppo scandaloso ed inaccettabile per la cultura del nostro paese immorale e bacchettona!!!

DA BRESCIA AL RESTO DI ITALIA: DEMOCRAZIA IN PERICOLO (comunicato stampa dell'Associazione Xenia)

 Ora che i riflettori dei media hanno abbassato le loro luci e la protesta in cima alla gru di Brescia si è conclusa, non possiamo non domandarci cosa sta succedendo?
Non possiamo credere sia soltanto un caso che Noureddine, uno dei lavoratori più attivi nel denunciare la sanatoria truffa, sia stato fermato il 13 dicembre ed inviato presso il CIE di Modena in quanto risultava a suo carico una condanna per inottemperanza ad un decreto di espulsione.
Non possiamo credere sia soltanto un caso il fermo di Eldhy Seyou Gadiaga poi deceduto il 12 dicembre mentre era rinchiuso nella cella di sicurezza della caserma dei Carabinieri di piazza Tebaldo Brusato a Brescia. Eldhy, cittadino senegalese, probabilmente morto per cause naturali, dopo 15 anni di lavoro regolare in Italia era diventato irregolare perché aveva perso il suo impiego. È stato quindi fermato e trattenuto in quanto su di lui pesava un provvedimento di espulsione per “immigrazione clandestina”, dopo quindici anni di regolare permanenza in Italia! L'assurdità di questa seconda vicenda è aggravata dalla conseguenza dell'arresto di Eldhy. Un cittadino chiunque esso sia, non può e non deve morire mentre è in stato di detenzione.

Quello che intendiamo porre in evidenza è quanto sta accadendo a Brescia ovvero una repressione strisciante, ai limiti della rappresaglia, finalizzata ad intimorire i cittadini migranti, per indurli a non esporsi, a non esercitare il loro diritto a protestare, consapevoli che questo possa mettere a rischio ogni possibilità di permanenza in Italia. Rendere sempre più incerta la possibilità di soggiornare nel nostro paese si presta ad una precisa strategia: impedire ai migranti di alzare la voce per chiedere il rispetto dei propri diritti o di avanzare richieste di qualsiasi tipo.
D'altra parte un paese in cui la normativa sull'immigrazione viene inserita nel “pacchetto sicurezza” e non nei piani di sviluppo economico rivela soltanto la meschinità politica che stigmatizza “lo straniero” come causa dei mali che affliggono la società italiana.
 I cittadini migranti stanno pagando più di altri il costo della crisi economica. Arrivati in Italia per lavorare e sostenere economicamente le proprie famiglie di origine, nel momento in cui perdono il posto di lavoro non hanno la possibilità di essere sostenuti dalla rete familiare. Anni di lavoro e sacrifici vengono vanificati, ogni sicurezza conquistata con fatica viene sgretolata: lavoro, casa, permesso di soggiorno. Dopo anni in cui hanno pagato tasse e contributi non hanno diritto ad ammortizzatori sociali, una volta perso il lavoro diventano “irregolari” da espellere, un pericolo per la sicurezza dell'Italia.

 Appare evidente la necessità di un ripensamento politico sui temi dell'immigrazione e sul riconoscimento non solo dei diritti dei cittadini migranti, ma soprattutto della possibilità di esercitarli senza dover salire sulle gru, sui tetti o sulle torri. Senza la paura di essere fermati ed e espulsi.


Bologna 15/12/2010