Visualizzazione post con etichetta Adolescenza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Adolescenza. Mostra tutti i post

venerdì 23 novembre 2012

UCCIDERSI A 15 ANNI E IL MURO DEGLI ADULTI



Un ragazzo di 15 anni si è ucciso. L'indignazione e la solidarietà sono state immediate. Si è scritto che il ragazzo si era ucciso perché vittima del bullismo omofobo, è stata segnalata una pagina Facebook in cui sarebbe stato denigrato. Poi sono state descritte le sue stranezze: i pantaloni rosa, lo smalto e così via... Poi a qualcuno sono venuti dei dubbi: forse non era vero che fosse gay e quella pagina l'amministrava anche lui: era un gioco condiviso, non una gogna. Ma intanto era scattata la macchina accusatoria contro i suoi aguzzini e contro i suoi insegnanti insensibili. 

Un ragazzo di 15 anni si è ucciso. La domanda non può e non deve essere se il ragazzo fosse gay. Ma la domanda è perché un adolescente forse in crisi di identità di genere, forse semplicemente in crisi arrivi a suicidarsi senza che nessun adulto o nessun coetaneo percepisca il suo male di vivere!!!

Ho avuto 15 anni. E quando avevo 15 anni volevo morire. Non perché fossi lesbica. Mi sarei uccisa perché la vita era inutile e senza senso. Se mi fossi suicidata però molti avrebbero potuto dire di aver colto dei segnali. Nella incoscienza adolescenziale ne teorizzavo con alcune coetanee e mia madre era in fibrillazione perché le mie letture erano molto monotematiche: Pavese e via discorrendo! ma mia madre non avrebbe saputo in che modo aiutarmi. Certo i grandi assenti sono stati gli educatori. Mai e poi mai ho incontrato un docente con cui avrei potuto confidarmi o chiedere sostegno. Mai nel prestigioso liceo classico di Terni in quegli anni venne realizzato un servizio di ascolto per noi studenti, servizio importante non necessariamente solo per gli aspiranti suicidi. Quanti infatti possono raccontare un'adolescenza serena e in armonia, pur senza aver mai pensato al suicidio?

La domanda non è l'omosessualità di un ragazzo di 15 anni.
La domanda è sull'incapacità di ascolto del disorientamento, sul colpevole abbandono da parte di noi adulti. 
E poi ci ritroviamo a gridare anche a sproposito "DAGLI ALL'OMOFOBO!" Perché è più facile trovare una causa e un effetto così a buon mercato, ma il problema è ben più ampio...

sabato 9 giugno 2007

DEFICENTE CHI? QUANDO IL RIMEDIO è PEGGIORE DEL DANNO

Il fatto è su tutti i giornali: una insegnante, con trenta anni di esperienza, è stata denunciata per aver punito un suo alunno costringendolo a scrivere per cento volte la frase: "Io sono un deficiente". L'insegnante a sua difesa afferma che la punizione è scattata perchè l'alunno in questione si era reso protagonista di un atto di bullismo, schernendo un suo compagno in quanto effeminato.
Ancora una volta rimango allibita! ma davvero pensava che così facendo il bullo in questione avrebbe compreso l'erroneità delle sue opinioni riguardo soggetti effeminati? oppure pensava che si sarebbe reso conto di essere un deficiente? e se si, poi cosa avrebbe fatto per fargli superare il suo deficit? perchè non ha provato ad instaurare un confronto anche aspro, ma su altre basi...magari partendo proprio dall'episodio del suicidio del ragazzino di Torino? invece ha preferito mettere in atto un ulteriore azione di scherno, costringerlo a scrivere cento volte "Io sono un deficiente", una scorciatoia inutile e pericolosa!
Infine siccome io sono sempre quella che si sofferma sui particolari, vorrei segnalare che il bullo in questione ha scritto per cento vote in modo errato "deficente" senza la seconda "i", non c'è che dire un ottimo risultato per una insegnante con trenta anni di carriera!
Detto questo però vorrei sottolineare anche che è assolutamente spropositato far intervenire la magistratura su una questione del genere, denunce, processi, ecc... probabilmente meritano attenzione anche i genitori del bullo, che forse non sanno davvero svolgere il ruolo educativo!