venerdì 12 agosto 2016

THAILANDIA: UN'AMARA FESTA DELLA MAMMA

In primo luogo il bisogno di non lasciarsi prendere dall’emotività e dalla paura. Respirare a fondo, recuperare lucidità e analizzare i fatti, i dati e il contesto.
Una serie di attentati nella notte del 12 agosto 2016 ha colpito il centro sud della Thailandia e in particolare alcuni centri turistici, ma non le attrazioni principali limitandosi quindi ad obiettivi minori. Le vittime sono quindi in numero limitato rispetto a un tale fronte di fuoco: al momento si parla di tre morti e alcune decine di feriti.


Le prime esplosioni sono avvenute a Trang e a Hua Hin, la prima è una delle province del sud ma non di quelle dove è radicato il movimento separatista. Hua Hin è una località turistica a circa 200 chilometri dalla capitale, da sempre destinazione per la villeggiatura dei ricchi oligarchi di Bangkok. Hua Hin è nota anche per essere la città che ospita il palazzo estivo della corona, dove negli ultimi anni risiede in modo permanente l’anziano e malato re quando non è in ospedale.
Le altre esplosioni hanno avuto luogo a distanza di poche ore in località del sud turistiche e non.


Una prima chiave per comprendere cosa stia accadendo è la tempistica. Il dato più evidente è la data assolutamente non casuale. Il 12 agosto è il compleanno della regina, festa nazionale dedicata a tutte le mamme del paese. La regina oltre che madre del paese è madre dell’erede al trono, da lei sempre protetto e sostenuto. La successione è uno degli snodi di maggiore criticità che la Thailandia si troverà ad affrontare in un prossimo futuro. La data del 12 agosto scelta per questa serie di attentati può essere dunque letta come un avvertimento nei confronti dell’istituzione monarchica oppure può essere stata scelta affinché venisse interpretata in questo senso.

Ma la tempistica offre anche un’altra chiave di lettura. Neanche una settimana fa si è svolto il referendum che ha approvato la nuova costituzione dando ampi poteri all’esercito. Ma l’esito delle urne non è stato il plebiscito che il capo del governo, il  generale Prayut, aveva auspicato. Solo il 55% degli aventi diritto si è recato alle urne e circa il 40% dei voti espressi è stato per il no. Il risultato è ancor più notevole alla luce del fatto che la giunta ha vietato qualsiasi propaganda per la non approvazione, arrestando chiunque abbia espresso parere contrario o critiche alla nuova carta costituzionale. La giunta si trova quindi a dover gestire il percorso verso le elezioni previste nel 2017 con un consenso davvero minoritario. L’instabilità e il clima di insicurezza generati dalla serie di attentati favorisce dunque delle prese di posizione forti da parte di chi detiene il potere, giustifica la limitazione delle libertà individuali e l’esercizio di un controllo capillare del territorio e delle persone. Proprio in questi giorni la giunta sta valutando di fornire agli stranieri presenti una SIM tracciabile per i cellulari, svelando questa necessità di tenere sotto controllo quelli che considera elementi di disturbo per la stabilità del paese.

A trarre quindi vantaggio da questa ondata di attentati non può che essere la giunta militare che in questo modo alimenta da se stessa la necessità di detenere poteri speciali e arbitrari. Possiamo quindi ancora una volta prendere in prestito dall’esperienza italiana la definizione di “strategia della tensione” per indicare quanto sta avvenendo nel regno di Thailandia. La giunta che ha preso il potere con il colpo di Stato del 2014 si è data come nome quello di “National Council for Peace and Order” (Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine).

La pacificazione del paese è però rimandata a data da destinarsi.

martedì 1 marzo 2016

IO CHE NON SONO MADRE E MAI LO SARÒ



Io che non sono madre e mai lo sarò non ho parole abbastanza affilate per contrastare la violenza e gli insulti di quanti si ergono in questi giorni a censori severi di chi ha intrapreso percorsi di genitorialità nell'ambito di famiglie omoaffettive.

Non sono madre ma mi sono presa cura di decine e decine di figli non miei, figli della povertà e della malattia, alcuni essi stessi malati, la gioia più grande era poterli restituire alle loro famiglie...ma certo ancora mi interrogo sul destino di quelli che una famiglia non l'avevano più o non l'avevano mai avuta.

Sarà per questa mia storia personale che ho sempre avuto difficoltà nel comprendere quelle coppie etero che perseguono a tutti i costi una gravidanza che implica il sottoporsi a fecondazione assistita e a tutte le procedure mediche annesse. Mi sono sempre chiesta come poter giustificare tanta ostinazione quando i minori adottabili sono migliaia e la loro condizione anche nel migliore degli istituti è sempre penosa. 

E ovviamente posso solo inorridire nell'ascoltare storie di coppie che ricorrono all'utero in affitto, anche in quei paesi dove non è perseguito dalla legge. Perchè l'utero in affitto prevede donne in condizione di bisogno e senza alcun sostegno anche psicologico per affrontare il percorso. 

In questi giorni però inorridisco nel constatare che molti opinionisti e politici stiano intervenendo a sproposito su questo tema confondendo i termini e i contesti. 
L'accusa più ridicola che sento è proprio sul perchè anzichè farsi fare i figli da altri non li adottino. Quando è noto a tutti che alle coppie omoaffettive non è permesso l'accesso all'istituto dell'adozione, ma pur di screditare gli altri si è pronti a dichiarare qualsiasi cosa.
Poi di seguito in modo scorretto e menzognero si fa confusione definendo utero in affitto quello che è la gestazione per altri. La gestazione per altri è regolamentata in pochi paesi tra cui il Canada e gli Stati Uniti che non sono certamente paesi in condizioni di sottosviluppo. Le donne che desiderano aiutare le coppie ad avere dei figli possono farlo ma in modo gratuito. Sono loro che scelgono le coppie a cui fare questo dono sia etero sia omo. Per ogni bambino saranno due le donne coinvolte: una donerà il proprio ovulo, l'altra porterà a termine la gestazione. Quindi non si tratta di storie di indigenza e sfruttamento, c'è una libera scelta da parte delle donne. Certo che si può mettere in discussione questa loro scelta e ognuno può avere un'opinione anche negativa su questo tipo di volontariato. 
E sia chiaro che le spese ci sono perchè vanno coperte le spese sanitarie per la gestante e per il neonato, ci sono i viaggi e la permanenza nel paese fino a quando il bambino possa viaggiare. I bambini non si comprano perchè nessuno li mette in vendita in questi paesi, ma certo tipo di spese sono inevitabili e dunque questa pratica non è certo accessibile a chiunque.
Ma per favore confrontiamoci su dati di realtà e non su pregiudizi e dati distorti appositamente per avallare la propria opinione. 
Io che sono per l'adozione sempre ho diverse coppie di amici che hanno avuto figli tramite la gestazione per altri. Prima di scandalizzarmi ho voluto informarmi e capire, anche io avevo e ho dei dubbi. Ma fino a che non sarà possibile anche alle coppie omoaffettive adottare i propri figli credo che realizzare la genitorialità tramite la gestazione per altri sia l'unica strada praticabile e vorrei in qualche modo rendere merito a quelle donne che donano con generosità parti si se stesse in modo disinteressato e che non meritano di essere considerate come delle madri sciagurate, in miseria e sfruttate...

mercoledì 17 febbraio 2016

CANGURI E GRILLI NEL DESOLANTE GIOCO AL MASSACRO SULLA PELLE DEI CITTADINI

Mi è capitato in più di un'occasione di riconoscere come vera l'affermazione che soprattutto in ambito istituzionale la forma è sostanza. E ne sono ancora convinta. Ma a fronte di quanto accaduto in queste ore in cui si sarebbe dovuto iniziare a votare il DDL Cirinnà è impossibile ricacciare indietro il senso di frustrazione e rabbia.

E' vero che le procedure devono essere rispettate in quanto la mancanza di tale rispetto potrebbe inficiare il regolare processo democratico, ma è anche vero che l'abuso degli strumenti atti ad esercitare la funzione parlamentare induce ad  ulteriori abusi e ottiene lo svuotamento di senso delle forme, privandole della loro sostanza.

In epoca di strumentazione telematica è estremamente semplice dotarsi di un generatore automatico di emendamenti. Quindi nel momento in cui una parte politica vuole fare ostruzionismo non deve far altro che generare migliaia o milioni di emendamenti creati sulla base di algoritmi e dunque senza alcuna attenzione ai contenuti. Si tratta solo di cavilli grammaticali che nulla hanno a che vedere con il bene dei cittadini che dovrebbe essere lo scopo ultimo dell'azione legislativa.

E dunque come contrastare il fiume in piena di emendamenti la cui quantità impedisce di programmare una qualsiasi discussione se non in termini di ere geologiche? Si ricorre ad un mezzo altrettanto antidemocratico: l'abbattimento degli emendamenti in virtù della loro somiglianza o collegamento con il primo non approvato e così via. 

In tutto questo il contenuto del DDL, il testo di legge proposto non interessa a nessuno dei membri dell'assemblea legislativa. 
Siamo quindi a quel formalismo estremo che svuota di sostanza l'azione legislativa. Il punto più estremo di lontananza tra le istituzioni parlamentari e i cittadini.

Un organo parlamentare è oggi costretto a discutere di trucchetti grammaticali e linguistici, perdendo di vista il quadro generale in cui sono però incastrate le vite reali di migliaia di persone, le loro storie, i loro legami di sangue e di amore. Perchè sia chiaro che le famiglie omoaffettive già esistono e hanno bisogno che esista una normativa che regolamenti alcuni aspetti fondamentali della loro esistenza. Sia chiaro che queste famiglie non scompariranno per il solo fatto che non verrà approvato il DDL Cirinnà, i loro bambini continueranno ad andare a scuola e ad avere un punteggio più alto nelle graduatorie per gli asili nidi perchè figli di genitore single...e il genitore non biologico dovrà ancora una volta presentare una delega per poter riprendere i suoi figli... Ancora le coppie omoaffettive andranno a sposarsi all'estero o a fare testamento per poter dare un segno tangibile del loro percorso di coppia.

E intanto il parlamento si interrogherà su emendamenti come questo



martedì 3 novembre 2015

QUANDO HANNO AMMAZZATO PASOLINI AVEVO 12 ANNI


Quando hanno ammazzato Pasolini avevo 12 anni. Non avevo ancora letto i suoi libri e non avevo visto i suoi film. Sapevo chi fosse, perché in quegli anni lì era una figura importante, un intellettuale di riferimento, sicuramente famoso…
Quaranta anni fa me li ricordo bene i telegiornali ed anche gli imbarazzi dell’Italia di allora. Insomma in qualche modo dovevano raccontare di un personaggio famoso ammazzato da un marchettaro minorenne con cui si stava intrattenendo in auto. Nessun’altra modalità di morte avrebbe potuto essere più rappresentativa della sua vita, una vera e propria messa in scena appunto…


Già quaranta anni fa provai più pena per Pino Pelosi che da allora sarebbe stato per sempre l’assassino di Pasolini. Con i suoi diciassette anni vissuti da escluso, ai margini, parte di quell’umanità dolente tipicamente “pasoliniana”...sacrificato e trasformato ad incarnare il mezzo, lo strumento, l’arma del delitto.


Poi negli anni ho letto quasi tutti i libri di Pasolini e visto credo tutti i suoi film o quasi, alcune sue poesie le avevo imparate a memoria ed ancora oggi ne so citare alcuni versi. Ultimo vero poeta civile che l’Italia abbia avuto.  


In questo quarantesimo anniversario tutti si lanciano ad elogiarlo e parlano della sua capacità di previsione, di anticipare la realtà. Mi chiedo se non fosse stato ammazzato e se avesse continuato a colpire ed accusare “il potere” saremmo ancora pronti ad apprezzarlo e a metterci in discussione grazie alle sue provocazioni?


Lui espulso dal PCI e grande accusatore della DC che giudizio avrebbe dato degli schieramenti politici odierni? degli attuali leader politici?


Se anzichè commemorare il quarantesimo anniversario della sua morte, se oggi si fosse dovuto ricordare i quaranta anni dall’uscita di “Salò o le 120 giornate di Sodoma” quale sarebbero stati i giudizi e gli articoli commemorativi?


...leggo, ascolto le lodi e i grandi interpreti del suo pensiero e all’improvviso mi assale il dubbio che alla fine sarebbe finito in uno qualsiasi dei tanti tritacarni sbattuto in prima pagina con il “marchettaro di turno e tutti i particolari clicca qui .
Forse sarebbe finito anche lui a fare l’opinionista un tanto al chilo per qualche reality o talk-show?
Sarebbe stato capace di mantenere la sua lucidità o sarebbe stato sopraffatto dalla voracità dei media asserviti al potere?

Intanto contemplo basita gli elogi, le citazioni e gli atti di devozione che hanno invaso social-network e perfino le reti generaliste, con la bocca dello stomaco chiusa per un preciso senso di nausea per l’indigeribile ipocrisia.

mercoledì 19 agosto 2015

LE BOMBE DI BANGKOK

In primo luogo dobbiamo considerare che non ci sono state rivendicazioni di alcun tipo quindi tutte le riflessioni sono semplicemente delle speculazioni empiriche. 
Credo poi sia importante valutare quello che avrebbe dovuto essere questo attentato e quello che invece è stato in realtà. Nell'immediato sono state diffuse informazioni circa il ritrovamento di altri due ordigni non lontano dal luogo dell'esplosione. Se tali ordigni fossero dello stesso potenziale possiamo ipotizzare che quella progettata dagli autori fosse una vera e propria ecatombe, roba da far impallidire gli attentati di Madrid e Londra per intenderci. 
Un attentato di questa portata nel cuore di Bangkok è assolutamente inusuale nel quadro della conflittualità politica locale. Gli attentati con esplosivo sono abbastanza frequenti nel sud del paese dove il conflitto separatista è di antica data. Ma si tratta sempre di ordigni piuttosto rudimentali e non a così alto potenziale. Inoltre mi sembra improbabile che la guerriglia del sud possa essere riuscita ad organizzare un attentato di questo tipo che avrebbe richiesto ovviamente anche una base logistica, complicità ed organizzazione così distanti dalla loro zona di azione. 
Sono più propensa  a credere a manovre e azioni inerenti il momento politico. La giunta sta per varare la nuova costituzione che molti considerano fortemente anti-democratica, nei giorni scorsi due cittadini sono stati condannati a 60 anni di carcere per lesa maestà per dei post su Face-Book, la giustizia anche ordinaria viene amministrata dai tribunali militari, le elezioni vengono posticipate in continuazione. Quindi o i gruppi di dissidenti hanno deciso di alzare il tiro e cambiare la loro strategia, abbandonando le azioni dimostrative pacifiche che finora hanno caratterizzato la loro azione oppure il regime, o chi per esso, ha deciso di dover trovare una giustificazione alla sua azione anti-democratica e repressiva (una sorta di strategia della tensione in chiave asiatica). 

Un'ulteriore suggestione può essere letta nel fatto che proprio il giorno prima dell'attentato si era svolta in tutta la Thailandia una manifestazione ciclistica a cui sono stati dati significati di dimostrazione dell'unità nazionale e di sostegno alla monarchia. Il cuore della manifestazione è stato a Bangkok ed è stata promossa e guidata dal Principe ereditario in un chiaro tentativo di accattivarsi simpatie e popolarità che non gli appartengono. Ma allora sarebbe stato più logico scegliere un obiettivo che da un punto di vista simbolico avesse qualche attinenza.

Gli uomini del governo sembrano sicuri che l'attentato sia attribuibile al movimento delle camicie rosse da sempre schierato con l'ex primo ministro Shinawatra, destituito con il colpo di Stato del 2006, come poi sua sorella con quello del 2014. E se da un lato possa sembrare possibile per Thaksin finanziare l'acquisto dell'esplosivo e l'organizzazione logistica dell'attentato, dall'altro lato credo non possa sfuggirgli che non è questo il modo per accattivarsi simpatie e sostegno per il suo ritorno sulla scena politica locale. 

Infine non è mancato chi abbia indicato la motivazione dell'attentato nel provvedimento di rimpatrio in Cina degli Uiguri, minoranza etnica di fede islamica. Il governo tailandese pochi mesi fa ne ha rimpatriati un centinaio nonostante sia noto che in patria siano perseguitati. Questo aveva già provocato un assalto del consolato thailandese in Turchia. Alcuni ipotizzano che l'attentato del 17 agosto sia stata una sorta di vendetta anche perchè il luogo è molto frequentato da turisti cinesi. Però a questo punto rimarrebbe inspiegabile che non ci sia stata alcuna rivendicazione.

Le immagini dell'uomo che ha collocato l'ordigno mostrano che non si tratta di un thai, questo potrebbe avvalorare una pista internazionale, confermata sembra anche dalle immagini dei complici che la polizia non avrebbe ancora diffuso. In ogni caso l'organizzazione e la logistica sono sicuramente di matrice interna come dimostrano la scelta del luogo anche per quanto riguarda il secondo attentato, fortunatamente fallito, che avrebbe dovuto colpire i passeggeri in attesa sul molo principale del Chao Praya. Gli attentatori dimostrano una conoscenza dei luoghi frequentati da turisti e locali, ma non così noti al grande pubblico.

Per quanto riguarda il sito del primo attentato non si tratta di un vero e proprio tempio ma di quella che avrebbe dovuto essere una "Casa degli spiriti", ovvero un tempietto costruito per dare modo agli spiriti di un luogo di traferirvisi quando si inizia a costruire un edificio. Nel caso dell'Erawan hotel nel corso della costruzione si verificarono numerosi incidenti così si decise ogni volta di ampliare ulteriormente la casa degli spiriti, fino a dedicare l'edicola alla divinità braminica Prha Prom, ma si ritiene che nell'edicola risieda lo spirito di Prha Pinklao, uno dei fratelli del re Rama IV che dopo la sua morte è divenuto uno degli assistenti al servizio di Prha Prom. In seguito la tradizione popolare scoprì che gli spiriti lì collocatisi concedevano a molte donne la grazia di rimanere incinte. Usualmente le offerte votive per la richiesta della grazia consistono in spettacoli di danza tradizionale con musica dal vivo pagati dai devoti. Mentre gli ex voto per grazia ricevuta sono quasi sempre dei falli in legno di varie dimensioni. 







domenica 3 maggio 2015

GITA IN CAMPAGNA

Oggi ho fatto un lungo giro in motorino. Sono arrivata a Lamphun dove c'è un bel tempio e poco altro, ma la bellezza è stata nel viaggio in sè più che nella meta. Ho scelto strade secondarie e non le superstrade veloci. Avvicinandomi con lentezza lungo la Chiang Mai-Lamphun all'andata, osservando le case di legno e i campi di riso. Giunta a destinazione ho visitato con calma il tempio, che ha un'altissima densità di venditori di amuleti da tutti i prezzi, da 59 bhat a oltre 5000. Il Wat Phra That Haripunchai è molto articolato con vari edifici. C'è una struttura che ospita due sculture molto insolite e le cui offerte si caratterizzano per il colore nero, fiori, caramelle, semi, pietre, tutti neri.



Sarà necessario informarmi meglio su questa devozione particolare...

Poi ho proseguito visitando un ponte coperto dove si svolge un mercato di prodotti artigianali e ho intrapreso la strada del ritorno, scegliendo una strada ancora più secondaria, lungo il fiume Ping. La strada ha curve molto dolci che seguono l'andamento del fiume. Il verde, o meglio tutte le sfumature del verde, caratterizzano il paesaggio. Tra alberi di mango e fioriture giallo vivo e altre rosso intenso. Ho guidato così rilassata che più di una volta mi sono resa conto di non percepirmi più straniera...attraverso territori già miei e già in me. E l'anima sempre più spesso precede la mente...
Davvero una bella gita nella campagna tailandese...ve la consiglio.



martedì 17 marzo 2015

COSA CI SONO VENUTA A FARE A PAI? (LA VERITA' SU PAI, SIGNORI, PER FAVORE)

"I have lost any interest I might have had in visiting Pai. And the tourism authorities can blame the movie Pai in Love (ปายอินเลิฟ) for putting me off wanting to check out the idyllic tiny northern Thailand village."  (Wise Kwai)


Premetto che sono una che ha sempre associato la parola vacanza al mare e quindi l'unico motivo di disappunto del vivere a Chiang Mai è proprio il fatto di essere lontana dal mare.
Accade che avendo solo quattro giorni di ferie arretrate a disposizione decida di trascorrerle in una decantata località di montagna a soli 130km da Chiang Mai, Pai. Vi avevo trascorso poche ore quest'inverno e vedendo tante attrazioni turistiche ho pensato meritasse una visita più approfondita. In primo luogo va detto che nei 130 chilometri sono comprese 766 curve, di cui molte a gomito, per cui sono tre ore e mezza di viaggio abbastanza pesanti (fortunatamente non soffro di mal d'auto). Si giunge quindi a Pai e hai la sensazione di essere in una sorta di parco a tema e che il tema sia "Facciamo finta di essere in Thailandia". Le strade centrali sono piene di ristoranti e guest house, tutte con wi-fi gratuito ovviamente... La densità demografica di strutture ricettive è paragonabile soltanto a quella della riviera romagnola tra Gatteo-Mare e Cesenatico... La presenza di farang supera sicuramente la popolazione locale, che si frega le mani inventandosi attrazioni che in realtà non esistono... I farang perlopiù sembrano aver occupato questo paese con i loro usi e costumi. Se ne incontrano tantissimi a piedi nudi e a me verrebbe voglia di fermarli uno ad uno e spiegargli che stanno facendo una cosa senza senso. Il piede nudo favorisce il contatto con la natura e ti fa entrare in maggiore sintonia con madre terra. Ho lavorato anni all'orto e in giardino nella mia precedente vita tailandese e non avrei mai concepito di farlo con le scarpe. Ma come cazzo fai ad andare scalzo sull'asfalto? Cosa hai nel cervello? il catrame che ti è risalito dai piedi? Poi la sera prima di andare a letto devono lavarsi con il napalm... E magari sono di quelli che mangiano solo alimenti organici, perchè sai quante porcherie ingurgiti se non fai attenzione... Insomma a Pai si danno convegno gli hippy dell'era digitale quelli tutti Mac e marjuana, 'mbriachi ciucchi fin dalla mattina...pero' un sacco liberi... Oggi c'era un tizio che sullo skate-board si faceva trainare da un suo sodale sullo scooter ovviamente in mezzo alla strada piena di gente e motorini. Ma proseguiamo il racconto. 

Le attrazioni di Pai. Il Budda bianco. Un'enorme statua a metà collina. Quando arrivi lì scopri che in realtà è ancora in costruzione. Per arrivare ai piedi della statua devi salire una scalinata ancora in cemento armato grezzo, roba che se inciampi te scartavetri e magari te la fai dritta fino a Chiang Mai. Pero' cavolo sei in alto, chissà che vista da lassù... Eggià. Peccato che qui stia bruciando tutto, anzi che tutto sia già bruciato ma i fumi persistono e aumentano ogni giorno così vedi 'na beata minchia!!!! 


Il secondo giorno che ero qui decido di andare alle hot-spring. Arrivo, fortunatamente pago soltanto 70 baht e non i 300 baht che vengono richiesti ai turisti e quello che trovo è desolante...a parte il paesaggio lunare post-incendio, la totalità delle vasche era vuota...c'era un rigagnolo d'acqua con a mollo alcuni turisti credo più per tigna che per piacere...del tipo: "sticazzi ho pagato 300 baht vuoi che neanche mi bagni?!" Un po' sull'onda decido di provarci comunque...entro in un capanno che la scritta in thai indica come spogliatoio e come metto il naso dentro vedo due enormi kinka (sorta di lucertole o camaleonti) che si vanno a nascondere tra le foglie della copertura. Delle hot-spring ne ho abbastanza... 

Tornando indietro mi fermo in una di quelle che vengono indicate come "cose da fare" a Pai: la Fluid Swimming pool. Una vasca di 25 metri con palestra, a soli 60 baht, per tutto il giorno, come mi sottolinea il tipo a cui pago senza ricevere alcun tipo di biglietto o ricevuta... Vado a cambiarmi e definire fatiscenti gli spogliatoi significa dar loro una dignità strutturale che non gli appartiene.

Raggiungo la vasca e non posso fare a meno di notare l'opacità dell'acqua, sul verdino andante...mi butto ugualmente e l'unica nota positiva è che è fresca...faccio vasche su vasche. Ed intanto mi accorgo che sul pavimento mancano diverse mattonelle, la scaletta ha un gradino in meno e infine sbatto con un piede su una grata di ferro arrugginita che è sul fondo...anche qui decido che ne ho abbastanza e me ne vado. Ah! dimenticavo di raccontare che la palestra sono degli attrezzi che cadono a pezzi concentrati nel bar...una roba da far passare la voglia anche al più fanatico dei Mister Gym. 


Ogni giorno il fumo è più denso e acre. Il terzo giorno vado a visitare un'altra grande attrazione: il canyon. Non si paga e ci mancherebbe. Anche qui un bosco bruciato e il terreno che forma dei canyon che non hanno nessuna forma di protezione o messa in sicurezza. Se si potesse vedere il paesaggio sarebbe molto bello, ma ovviamente non si vede un cazzo...

Tornando indietro mi sono fermata a vedere un tempio ancora in costruzione, una sorta di luna-park buddista che a quanto pare ospita una comunità femminile...ma solo le foto possono dare un'idea di che posto surreale sia.



La nota più che positiva è l'hotel. Fuori mano, con una bella piscina e una camera al di sopra delle mie aspettative. Ma anche qui non mancano strutture in disfacimento...




Dopo tutto questo la domanda è: cosa ci si viene a fare a Pai? Allora molto probabilmente c'è una dimensione parallela da cui sono stata tagliata fuori... Perchè uno pensa tanti hippy, rasta, nomadi digitali, ecc... vuoi vedere che esiste una vita notturna? E probabilmente sarà così. Pero' la prima sera abbiamo sperimentato che dopo le 23 non circolano più taxi e se non fosse stato che i nostri amici ci hanno prestato il loro scooter manco tornavamo in  hotel. Allora le ipotesi sono due o la vita notturna non c'è ma vogliono farti credere di si oppure c'è forzatamente perchè fino al mattino dopo non hai un mezzo per tornare...

Va detto che anche  a livello locale Pai è molto sponsorizzata. La citazione all'inizio di questo post è tratta dalla recensione che il critico cinematografico Wise Kwai ha scritto del film "Pai in love", niente altro che una pellicola promozionale che ha portato pero' tanti thai a rivalutare la cittadina come meta turistica. Per i più masochisti dei miei lettori inserisco anche il link al film completo: Pai in Love

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lunedì 13 ottobre 2014

TERNI, LA TERNI: UNA CITTA', LA FABBRICA



Parto da un'immagine. Il centro storico della città e la sua acciaieria: Terni e la Terni. Quello che colpisce sono le dimensioni, la fabbrica è grande quanto il centro della città. Il legame di Terni con la sua industria è indissolubile da più di un secolo. La fabbrica ha cambiato pesantemente il destino di una piccola realtà all'interno di una conca tra colline verdi. Il paesaggio stesso è stato profondamente modificato e stravolto. Le descrizioni che si leggono nei reportage dei viaggiatori inglesi del Grand Tour testimoniano l'immagine di una Terni poi sacrificata alla grande industria.
E tutto nella nostra città è determinato, condizionato, forgiato dalla fabbrica: la cultura e anche la Chiesa locale. Esiste il cappellano di fabbrica e nel piazzale all'interno della fabbrica esiste forse l'unica immagine di un Gesù carpentiere e non falegname. Il papa venne a Terni nel giorno di san Giuseppe lavoratore e venne alla Terni a partecipare al Consiglio di fabbrica, mangiando alla mensa con gli operai. In più di un'occasione i vescovi locali hanno partecipato alle manifestazioni operaie.
Tanto che oggi l'immagine che tanti ternani stiamo mettendo come immagine del profilo Facebook è quella dell'elmetto che san Giovanni Paolo II indosso' nel corso della sua visita in fabbrica.
Fabbrica e città: La Terni e Terni, città e fabbrica: Terni e la sua economia.
L'enfasi e l'apice si raggiungono durante il ventennio fascista e la visita del Duce è la visita alla fabbrica. E poi c'è La Terni rappresentata nel cinema: il film Acciaio è del 1933 con soggetto di Luigi Pirandello. Luchino Visconti gira all'interno alcune scene de "La caduta degli dei". Infine alcune famose scene de "La vita è bella" di Roberto Benigni.
Infine la fabbrica nei canti operai: "Il 12 dicembre a matina" e ancora più significativa la "Ternitudine" degli Altoforno  (e sarà mica un caso se il gruppo musicale che ne è autore si è dato questo nome?).
A Terni anche i monumenti sono di acciaio e costruiti dentro la fabbrica, la grande pressa macchinario straordinario è poi diventata essa stessa monumento. E in tanti rimpiangono il "grande maglio" quasi un essere mitologico che faceva tremare l'intera città.
So di essere una eccezione. Nella mia famiglia nessuno lavora o ha mai lavorato alla Terni. E i miei ricordi sono quelli di bambina alle elementari: la sirena di mezzogiorno! Allora capivamo che stava per suonare la campanella. E noi abitavamo praticamente in centro. Il tempo quotidiano dei ternani è scandito dal cambio turno degli operai. Il tempo della città è segnato dalle lotte sindacali e dalle minacce di chiusura. Il 1953 per i ternani è l'anno "de li duemila" ovvero l'anno dei duemila licenziamenti. 

Ora la domanda è se la città possa sopravvivere alla morte della sua fabbrica. Terni e La Terni, in simbiosi l'una ha bisogno dell'altra. L'una senza l'altra non ha più identità. La fabbrica chiude e non è possibile sintetizzare il perchè. Venerdì 17 l'intera città sarà in piazza ne sono certa e se ci sarà una qualche trasmissione streaming seguiro' da qui quanto accadrà. L'intera città perchè non è solo una questione economica, ma è tutta l'esistenza e l'identità di un luogo che si perderà se La Terni chiuderà.





venerdì 23 maggio 2014

THAILANDIA: ADDIO DEMOCRAZIA...QUANDO NESSUNO E' BUONO

 Nell'ultimo volume di Asia Maior, "Il drago cinese e l'aquila americana sullo scacchiere asiatico", il capitolo sulla Thailandia è intitolato "Thailandia: involuzioni democratiche". Non so se l'autore Vitaliano Civitanova avesse idea che il processo involutivo sarebbe arrivato fino al punto di non ritorno raggiunto ieri. Sicuramente oggi quel titolo appare quanto mai profetico: ieri 22 maggio 2014 è morta la fragilissima democrazia tailandese. Il senso di frustrazione per chi osserva è dato dal fatto che in questo conflitto politico non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall'altra: tutti sono indifendibili! Muore la democrazia e nessuno è innocente. 
Un recente editoriale del "The Nation" titolava "A country full of guardians and rebels but not values" e argomentava che il problema della Thailandia è che ci sono troppi custodi della democrazia e troppe poche persone che rispettino i principi democratici.
Da un lato abbiamo la classe sociale costiuita dalle elites aristocratiche e conservatrici, terrorizzata dall'idea di perdere privilegi e potere. Dall'altro masse popolari che per la prima volta sono state coinvolte e trascinate in politica nel 2001 da Thaksin Shinawatra, che non è certo un eroe rappresentante del ceto povero. Ma soltanto un politico che ha avuto l'idea di coinvolgere i ceti più emarginati per sostenere il suo progetto politico.

A partire dal 2001 tutte le tornate elettorali sono sistemicamente vinte dal partito di riferimento di Thaksin Shinawatra. Per un semplice dato numerico: i poveri, gli appartenenti alle classi emarginate sono più numerosi degli aristocratici. Ma Shinawatra, e quanti della sua parte hanno svolto il ruolo di capo del governo, non rappresentano certo un modello democratico. Non si possono dimenticare i tremila morti ammazzati nel febbraio 2003 per la delirante definitiva guerra alla droga, i morti di Tak Bai soffocati nei cassoni dei pick-up. Le politiche dello Shinawatra-pensiero hanno prodotto danni economici al paese come accaduto con i sussidi per i produttori di riso, ma non è che i governi precedenti si siano mai presi a cuore la salute e le condizioni economiche dei coltivatori e delle famiglie disagiate.

Nel 2010 il governo guidato da Abhisit Vejjajiva e  Suthep Thaugsuban represse nel sangue le proteste dei sostenitori di Shinawatra. Oggi Suthep ha guidato per sette mesi la protesta contro il governo, definendo la sua come una battaglia per la democrazia. Suthep dunque è uno dei tanti autoproclamatisi difensori della democrazia senza comprenderla e senza rispettarla. La sua richiesta di destituire il governo eletto e istituire un comitato di "nominati" per avviare un processo di riforme è apparsa fin da subito inaccettabile. Non fosse altro perchè viene da chi rappresenta una minoranza. 

L'esercito da sempre ha un ruolo fondamentale nella politica del paese. I governi possono essere definiti più o meno stabili in base alla qualità della loro relazione con le forze armate. Secondo alcuni analisti Yingluck Shinawatra aveva stabilito una sorta di patto di non belligeranza con l'esercito e per questo era riuscita a scampare il loro intervento in precedenza. 
Guarda caso il colpo di Stato è arrivato a pochi giorni dalla decisione della Corte Suprema che ha destituito definitivamente l'ex-premier per abuso di potere.

Personalmente non riesco a schierarmi per una delle due parti. Mi devasta constatare la morte della democrazia e un profondo senso di impotenza. I militari si terranno il potere a lungo e prima di tornare a libere elezioni verranno avviate riforme istituzionali senza che venga ascoltata l'opinione dei cittadini.  
Giovedì 22 maggio 2014: un giorno di lutto.