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venerdì 23 maggio 2014

THAILANDIA: ADDIO DEMOCRAZIA...QUANDO NESSUNO E' BUONO

 Nell'ultimo volume di Asia Maior, "Il drago cinese e l'aquila americana sullo scacchiere asiatico", il capitolo sulla Thailandia è intitolato "Thailandia: involuzioni democratiche". Non so se l'autore Vitaliano Civitanova avesse idea che il processo involutivo sarebbe arrivato fino al punto di non ritorno raggiunto ieri. Sicuramente oggi quel titolo appare quanto mai profetico: ieri 22 maggio 2014 è morta la fragilissima democrazia tailandese. Il senso di frustrazione per chi osserva è dato dal fatto che in questo conflitto politico non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall'altra: tutti sono indifendibili! Muore la democrazia e nessuno è innocente. 
Un recente editoriale del "The Nation" titolava "A country full of guardians and rebels but not values" e argomentava che il problema della Thailandia è che ci sono troppi custodi della democrazia e troppe poche persone che rispettino i principi democratici.
Da un lato abbiamo la classe sociale costiuita dalle elites aristocratiche e conservatrici, terrorizzata dall'idea di perdere privilegi e potere. Dall'altro masse popolari che per la prima volta sono state coinvolte e trascinate in politica nel 2001 da Thaksin Shinawatra, che non è certo un eroe rappresentante del ceto povero. Ma soltanto un politico che ha avuto l'idea di coinvolgere i ceti più emarginati per sostenere il suo progetto politico.

A partire dal 2001 tutte le tornate elettorali sono sistemicamente vinte dal partito di riferimento di Thaksin Shinawatra. Per un semplice dato numerico: i poveri, gli appartenenti alle classi emarginate sono più numerosi degli aristocratici. Ma Shinawatra, e quanti della sua parte hanno svolto il ruolo di capo del governo, non rappresentano certo un modello democratico. Non si possono dimenticare i tremila morti ammazzati nel febbraio 2003 per la delirante definitiva guerra alla droga, i morti di Tak Bai soffocati nei cassoni dei pick-up. Le politiche dello Shinawatra-pensiero hanno prodotto danni economici al paese come accaduto con i sussidi per i produttori di riso, ma non è che i governi precedenti si siano mai presi a cuore la salute e le condizioni economiche dei coltivatori e delle famiglie disagiate.

Nel 2010 il governo guidato da Abhisit Vejjajiva e  Suthep Thaugsuban represse nel sangue le proteste dei sostenitori di Shinawatra. Oggi Suthep ha guidato per sette mesi la protesta contro il governo, definendo la sua come una battaglia per la democrazia. Suthep dunque è uno dei tanti autoproclamatisi difensori della democrazia senza comprenderla e senza rispettarla. La sua richiesta di destituire il governo eletto e istituire un comitato di "nominati" per avviare un processo di riforme è apparsa fin da subito inaccettabile. Non fosse altro perchè viene da chi rappresenta una minoranza. 

L'esercito da sempre ha un ruolo fondamentale nella politica del paese. I governi possono essere definiti più o meno stabili in base alla qualità della loro relazione con le forze armate. Secondo alcuni analisti Yingluck Shinawatra aveva stabilito una sorta di patto di non belligeranza con l'esercito e per questo era riuscita a scampare il loro intervento in precedenza. 
Guarda caso il colpo di Stato è arrivato a pochi giorni dalla decisione della Corte Suprema che ha destituito definitivamente l'ex-premier per abuso di potere.

Personalmente non riesco a schierarmi per una delle due parti. Mi devasta constatare la morte della democrazia e un profondo senso di impotenza. I militari si terranno il potere a lungo e prima di tornare a libere elezioni verranno avviate riforme istituzionali senza che venga ascoltata l'opinione dei cittadini.  
Giovedì 22 maggio 2014: un giorno di lutto.


venerdì 29 agosto 2008

L'INDIFFERENZA DELL'OCCIDENTE

da Asia News
29/08/2008 08:41

THAILANDIA
Cede la tregua, scontri fra manifestanti e polizia in Thailandia
Gli attivisti del Movimento popolare per la democrazia (Pad) non abbandonano gli edifici governativi occupati e continuano a chiedere le dimissioni del premier, il quale aveva annunciato ieri di non voler ricorrere all’uso “della forza”. Eseguiti 15 arresti e aperti tre varchi di accesso alla zona occupata.

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – È durata poco la tregua fra polizia e manifestanti, asserragliati da giorni nella zona del distretto governativo per chiedere le dimissioni del premier Samak Sundaravej. Gli scontri sono divampati oggi in seguito al tentativo delle forze dell’ordine di eseguire un ordine della procura thailandese, che intimava ai manifestanti di abbandonare gli edifici occupati. I dimostranti hanno reagito alle cariche della polizia, la quale non ha ancora adottato “tutti i mezzi disponibili” per scacciare le decine di migliaia di esponenti del People’s Alliance for Democracy (Pad).

I manifestanti invocano le dimissioni del Primo ministro accusato di essere un “fantoccio” nelle mani dell’ex premier Thaksin Shinawatra in esilio a Londra, che, affermano, trama da lontano per trasformare la monarchia in una repubblica. Non si hanno al momento notizie di feriti, mentre sembra che le forze dell’ordine abbiano eseguito 15 arresti e siano riuscite ad aprire tre varchi di accesso agli edifici governativi.

Ieri il capo del governo aveva annunciato di “non voler ricorrere all’uso della forza” per disperdere i manifestanti, accusandoli al contempo di volere “un bagno di sangue” nel Paese e di appoggiare “un nuovo colpo di Stato da parte dei militari”. Dal canto loro, gli attivisti del Pad hanno ribadito che abbandoneranno gli edifici occupati solo nel momento in cui il premier Samak “annuncerà le proprie dimissioni”. Il Primo ministro ribatte che è stato eletto in maniera “legittima” in seguito alla tornata elettorale dello scorso dicembre e, secondo alcuni analisti, godrebbe ancora oggi dei consensi della maggioranza dei thailandesi.