Uno degli elementi che costituiscono il collante di una comunità, di un popolo è il "mito fondativo". Il mito fondativo è trasmesso di solito inizialmente in forma orale e poi in racconti scritti. Lentamente entra nel patrimonio e nel tessuto culturale. Con il trascorrere del tempo il popolo sente l'esigenza di rivivere e celebrare i passaggi salienti del mito. La Chiesa cattolica ha il suo mito fondativo nell'ultima cena e lo celebra nella messa ogni giorno e più volte al giorno... La celebrazione assume ovviamente carattere simbolico: nella messa non viene servito agnello arrostito, pane azzimo e vino. Più semplicemente ostie e vino da messa che diventano corpo e sangue del Cristo.
Il popolo LGBT riconosce il proprio mito fondativo nella rivolta di Stonewall del 27 giugno 1969. Con l'episodio della ribellione della transessuale Silvya Rivera contro i poliziotti che in maniera vessatoria irrompevano allo Stonewall Inn nasce il movimento di liberazione omosessuale. Per questo ogni anno in giugno si celebrano in tutto il mondo i Gay-pride che non sono delle feste, ma occasione per riproporre la rivendicazione di diritti negati.
E' evidente che con il passare gli anni gli atti simbolici possono far perdere la consapevolezza del significato: ovvero non tutti i cattolici che partecipano alla Santa Messa sanno riconoscervi l'elemento fondante della propria religione; così non tutte le persone della variegata popolazione LGBT sanno riconoscere nella sfilata del pride la memoria della rivolta di Stonewall...
Ora è evidente che la celebrazione del mito fondativo è in ogni caso di estrema importanza per quelle comunità la cui identità venga sempre più spesso messa in discussione o negata. Gli ebrei continuavano a celebrare i propri riti durante la persecuzione, i cattolici nei paesi comunisti la messa...
In questi giorni sia da soggetti estranei al movimento, ma anche da sue componenti interne, si va proponendo di non celebrare la sfilata del "Gay-pride" nazionale prevista a Bologna sabato 9 giugno 2012. Non ha senso. La comunità ha il dovere di ripensare alcuni aspetti 'formali' che inevitabilmente diventano 'sostanziali', ma non può rinunciare a sfilare nella città manifestando l'orgoglio identitario di un popolo e rivendicando ancora una volta i diritti che gli vengono negati.
E' auspicabile che all'interno del pride di quest'anno venga dato spazio alla solidarietà e compassione per la gente colpita dal sisma e che il tutto si concretizzi nella realizzazione di un'opera concreta: scuola, asilo nido, centro sociale. A maggior ragione un 'segno' importante sarebbe una targa che evidenzi "Opera realizzata con il contributo del 'Gay-pride 2012'".
Ma la celebrazione di un mito fondativo non può essere abolita, sarebbe come negare il diritto di esistenza di una comunità, negarne la sua identità non solo simbolicamente... Ogni anno potrebbe esserci un motivo per chiederne la non celebrazione: i morti sul lavoro, le vittime dei pirati della strada, i femminicidi, ecc...
Lunga vita al "PRIDE".